La Vitivinicoltura del Lazio tra Tradizione E Innovazione

Fonte, Enopress - Dopo decenni di crisi, che ha fatto temere la più nera delle sorti per i vigneti del Lazio, la viticoltura regionale sta finalmente riprendendo forza. La nuova cultura del bere bene, la qualità intrinseca dei vini ed il loro legame con l’ambiente di provenienza, che consumatori sempre più esigenti ricercano, stanno aprendo nuovi orizzonti anche ai produttori della regione, che hanno così deciso di puntare sull’innovazione, arricchendo il proprio patrimonio di esperienze con una fase di nuova vitalità, rispondendo con prodotti di alta qualità alla nuova sfida, superando finalmente la staticità produttiva ed il concetto riduttivo di qualità minima, che li aveva caratterizzati per lungo tempo.

Dopo anni di tendenza all’abbandono, stanno finalmente fiorendo nuove iniziative, e ciò che è bello è che sono gli imprenditori più giovani a crederci e a guidare questa rinascita, arginando il degrado e recuperando un’attività millenaria che ha modellato un paesaggio bucolico tra i più pittoreschi d’Europa, ispiratore tra l’altro di molti artisti europei, esponenti della pittura della letteratura e della poesia dei secoli passati.  I prodotti di queste terre – come ricorda Mauro Maccario nel lavoro che segue – hanno, nelle varietà bianche, un colore giallo-verde particolare, possiedono un profumo floreale molto delicato e sono molto fini al gusto.

Le cose stanno lentamente cambiando da alcuni anni a questa parte: sono ormai numerose le aziende vinicole che hanno decisamente intrapreso la strada dell’alta qualità. Il rinnovo dei vigneti nella direzione del miglioramento della base ampelografica e della qualità procede di anno in anno, così come il rinnovo delle cantine, con macchinari dell’ultima generazione. I vini prodotti da queste aziende non hanno ancora ricevuto i riconoscimenti che meriterebbero, soprattutto per l’inerzia di alcune guide ai vini, legate a parametri di valutazione fuori tempo che tendono ancora a premiare vini troppo intensi, sciroppati e “conditi” con sapori di legno, internazionali insomma, piuttosto che fortemente legati al territorio d’origine.

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