Il Cibo entra nel Cinema con il ruolo di protagonista. E piace.


Dal film “Slow Food Story” a “Mussels in love” la rassegna “Culinary Cinema” racconta il mangiar bene. Alla fine, naturalmente, ci si siede a tavola. Ma un conto è mangiare sapendo, un altro è inghiottire senza conoscere nè storia nè significato del piatto che si ha davanti.
Si è aperta ieri, nell’ambito del FilmFest, nel palazzo classico-rinascimentale Martin Gropius (sede del Mercato), la settima edizione di «Culinary Cinema», sezione dedicata al mondo del cibo inteso come fondamentale strumento di crescita e scambio tra diverse culture.
Il motto 2013 è «Dig your food – From field to fork», ovvero «Scava nel tuo cibo – Dal giardino alla forchetta». Ogni proiezione è seguita da un pranzo ispirato al film in programma, preparato da uno degli chef di fama internazionale invitati alla kermesse. Star dell’inaugurazione, le cozze olandesi di Mussels in love, documentario di Willemiek Kluijffhout che, tra musiche accattivanti e intensi primi piani, ne ricostruisce le fasi vitali, dalla riproduzione alla morte, quando la violenza delle tempeste marine costringe i molluschi a staccarsi dalla roccia che li ha accolti. In pochi avrebbero immaginato che l’esistenza di una cozza, dalla nascita fino al piatto del ristorante dove verrà servita, potesse essere tanto affascinante.
Ma le scoperte non finiscono qui. I legami tra cibo e natura, tra storie di uomini e di animali, tra Paesi e persone, sono il filo conduttore della rassegna. L’Italia è di scena con Couscous Island di Francesco Amato e Stefano Scarafia, e con Slow food story, «storia di una rivoluzione», dice Stefano Sardo (autore del film insieme a Carlo Petrini e Azio Citi), iniziata 25 anni fa e tuttora all’apice del successo: «Anche grazie a “Slow food” – spiega Sardo – il cibo è diventato uno dei temi chiave delle politiche globali, fulcro del dibattito culturale sull’ambiente».
Al centro della narrazione il «lider maximo» Carlo Petrini «meglio noto come Carlìn», fondatore del movimento di «resistenza anti fast-food» che, senza mai lasciare la sua Bra (27mila abitanti), ha dato il via a una mobilitazione internazionale. Una presa di coscienza gastronomica capace di coinvolgere 150 Paesi e di cambiare per sempre i concetti base della nutrizione: «La rivoluzione di cui parliamo è non violenta e la battaglia riguarda il diritto al piacere. Mi è piaciuto raccontarla perchè mostra che anche i più importanti eventi culturali possono venir fuori da un piacevole approccio all’esistenza, che non c’è bisogno di essere seriosi e solenni per fare le cose importanti».
Da Bra all’isola di Fadiouth, in Senegal, il passo potrebbe sembrare lunghissimo e invece non lo è affatto perchè, grazie alle donne del luogo che producono il cous cous di miglio, la zona è diventata presidio «Slow food», cioè espressione di un ecosistema e culla di sapori tradizionali da salvare. Protagoniste del documentario, Luoise, Ana, Elizabeth e tante altre che, ogni giorno, fianco a fianco, nonostante le differenze di fede e di tradizioni, lavorano il miglio, dalla semina alla cottura.
Dall’Australia arriva poi Red obession, firmato da Warwick Ross e David Roach, viaggio del più pregiato Bordeaux dalle cantine dove viene prodotto con cura religiosa a quelle dei ricchi estimatori cinesi. Spezie orientali insaporiscono il plot di Jadoo, regia di Amit Gupta, commedia sulla rivalità tra due fratelli cuochi che gestiscono due ristoranti indiani. La figlia di uno di loro, in procinto di sposarsi, è pronta a tutto pur di ristabilire la pace tra il padre e lo zio, prima che arrivi il giorno del matrimonio. In Perù sabe: la cocina arma social il celebre Ferran Adrià e Gaston Acurio visitano le loro scuole di cucina accolti dall’entusiasmo degli studenti, mentre in GMO OMG l’americano Jeremy Seiferts descrive la lotta ingenua di un giovane padre contro l’industria del cibo geneticamente modificato.
Le barricate del mangiare bene attraversano i confini del mondo, riguardano gli attori famosi come Bill Pullman, appassionato collezionista di frutta esotica (The fruit hunters) e la protagonista 12enne (La riziere) di una minoranza etnica del Sud della Cina dove ancora si coltiva il riso con i metodi antichi. Il cibo è un super-eroe che tiene unito il pianeta, anche per questo bisogna difenderlo.

Fonte La Stampa di Fulvia Caprara

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