La dieta mediterranea «serve» davvero al metabolismo

È il regime alimentare più adatto a ridurre il grasso viscerale e a mettere l’organismo nelle condizioni migliori per rispondere alle terapie.

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Dieta Mediterranea

La sindrome metabolica è una condizione di cui si parla sempre più spesso. A volte viene associata semplicemente con la steatosi epatica, o fegato grasso, che però è solo parte del problema. In realtà la sindrome metabolica rappresenta un quadro più complesso, che espone l’organismo a un maggior rischio di malattie croniche, come il diabete, le patologie cardiovascolari e anche i tumori. Nonostante ciò, chi ne soffre, e sono molti fra gli italiani, spesso la ignora, o perlomeno ignora di esserne affetto, come sottolinea Antonio Moschetta ne «Il tuo metabolismo» in libreria per i tipi di Mondadori. L’autore, professore di Medicina Interna all’università Aldo Moro di Bari e titolare del progetto di ricerca Airc sul metabolismo dei tumori ha pieno titolo per parlare del nostro metabolismo, inteso proprio come «nostro», individuale in senso stretto. Scorrendo le pagine del libro si scopre infatti che la direzione in cui sta portando la ricerca nella cura di questa sindrome passa per un approccio «sartoriale» per ciascun individuo.

CONTA IL TIPO DI GRASSO E LA SUA LOCALIZZAZIONE
A entrare in gioco infatti sono diversi fattori, e la conseguenza è che ogni provvedimento può non avere la stessa efficacia su tutti coloro che sono affetti da questa condizione. Premesso questo, alcune certezze ci sono. La prima è che la sindrome metabolica è legata al sovrappeso e all’obesità, ma non in senso strettissimo. Ciò che conta non è il grasso in sé e per sé, ma il tipo di grasso e la sua localizzazione nell’organismo. A essere pericoloso per la nostra salute è soprattutto quello viscerale, che cioè si accumula intorno agli organi interni, mentre non lo è altrettanto quello sottocutaneo, e non lo è per niente quello bruno, che serve a dissipare energia, al contrario di quello bianco che ne è la forma di accumulo. Ma perché il grasso espone al rischio di così tante malattie? Le ragioni sono diverse, ma un denominatore comune è la sua capacità di produrre sostanze infiammatorie, che ormai si sa essere all’origine di molte malattie croniche, fra cui anche dei tumori, per i quali contribuisce a creare l’ambiente più adatto alla crescita.

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professore di Medicina Interna all’università Aldo Moro di Bari e titolare del progetto di ricerca Airc sul metabolismo dei tumori

EVITARE ALIMENTI AL ALTO INDICE GLICEMICO
Fin qui le cause, ma i rimedi? Ovviamente un’alimentazione sana e una costante attività fisica. Ma sulla dieta vale la pena precisare alcuni aspetti. A contare, infatti, è soprattutto, anche se non solo, la capacità di alcuni alimenti di indurre nel sangue picchi d’insulina, l’ormone del pancreas che serve a sfruttare l’energia dello zucchero. Quindi sul banco degli imputati a tavola andrebbero messi soprattutto gli zuccheri semplici e altri alimenti caratterizzati da alto indice glicemico, quindi in grado di indurre una secrezione significativa di quest’ormone pancreatico. Ma ridurre i consigli dietetici a questo sarebbe sbagliato: per una buona salute in generale, e in particolare per la prevenzione dei tumori è bene anche limitare carni rosse e soprattutto carni lavorate. Allora che cosa mangiare per tenere alla larga la sindrome metabolica? Il corpus degli studi, citati e analizzati con profondità e chiarezza nel libro di Moschetta conducono tutti alla dieta mediterranea, che l’autore esamina alla luce dei principali studi degli ultimi decenni.

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FATTORI CHE POSSONO INTERVENIRE SUL CODICE GENETICO
Uno spazio importante è dedicato in particolare all’olio di oliva, a proposito del quale viene sottolineato, tornando ai temi espressi all’inizio, che l’ideale sarebbe poter disporre del cultivar più adatto alla singola persona. Insomma un ottimo olio di oliva pugliese può avere ricadute positive diverse su una persona rispetto a un ottimo olio di oliva ottenuto in un’altra regione. Una sartorialità alimentare che Moschetta «cuce» con le necessarie considerazioni sull’incidenza che il Dna di ognuno di noi ha sul metabolismo, e che spiega perché, per esempio, ci sono persone che pur conducendo una vita sana sviluppano la steatosi epatica. Detto che il Dna non ce lo possiamo scegliere, è però possibile agire sull’espressione dei geni che vi si trovano. È il grande tema dell’epigenetica, cioè dei fattori, come appunto alimentazione ed esercizio, che possono intervenire sul codice genetico modulandone l’espressione.

ACIDI GRASSI ACCUMULATI NELL’ADDOME
«Anche l’orario in cui si assumono gli alimenti è importante – ricorda Moschetta nel suo libro -. Per esempio un errore da non fare è assumere zuccheri alla sera». Questo infatti favorisce che vengano convertiti in grassi dal fegato, soprattutto a causa di una ridotta richiesta di glucosio da parte di organi quali i muscoli. I grassi si depositano in parte nel fegato e in parte nella zona addominale. L’accumulo di grassi nell’addome determina iperinsulinemia, in quando da un lato è necessario recuperare gli zuccheri in eccesso che l’organismo non consuma e dall’altro convertire il glucosio in grassi. A lungo andare gli acidi grassi accumulati nell’addome possono comportare l’instaurarsi di una condizione infiammatoria basale non favorevole. Ci sono dunque momenti in cui l’organismo è pronto a ricevere un nutriente e altri in cui quel nutriente potrebbe non apportare lo stesso effetto».

DIETA MEDITERRANEA E SINDROME METABOLICA
Ma non ci sono solo corse e diete ad aiutarci. Una mano ce la possono dare anche prebiotici e probiotici, cioè alimenti che possono stimolare la produzione di batteri «buoni» nel nostro intestino o aggiungersi ad essi. L’autore sottolinea però che in questo campo c’è da operare distinzioni importanti a seconda dei ceppi utilizzati e della loro quantità. Perché il nostro microbiota riveste sempre più un ruolo cardinale per il mantenimento della nostra salute e anche per il nostro metabolismo, sin dalla nascita. E lo si vede bene nelle differenze dei microbiomi dei bambini nati con parto naturale oppure con cesareo, con relative ricadute sul loro sistema immunitario. La speranza – conclude l’autore – è che un giorno si possa arrivare a una flora batterica capace di supplire alle carenze enzimatiche dell’organismo. Ma intanto un caposaldo c’è: la dieta mediterranea non serve solo a prevenire la sindrome metabolica, ma anche a curarla e con essa le malattie che ne derivano, perché dimagrendo nel modo giusto, sciogliendo il grasso viscerale, si riduce la mortalità fino al 30 per cento. In più, la dieta, aggiustando il nostro metabolismo permette anche alle cure di funzionare meglio.

Fonte Corriere.it di Luigi Ripamonti

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