Maxi studio conferma: i grassi saturi fanno male, sale il rischio di infarto

Ricercatori di Harvard hanno seguito 73mila donne e 42mila uomini per quasi 30 anni. La riduzione dell’1% di questi grassi si associa a un calo del rischio cardiovascolare.

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I grassi saturi, se mangiati in quantità eccessiva, fanno male alla salute. A mettere una “pietra tombale” sulla questione è uno studio della Harvard University di Boston pubblicato sul British Medical Journal. Gli autori hanno preso in esame 73mila donne e 42mila uomini, tutti operatori sanitari americani seguiti dagli autori rispettivamente per 28 e 24 anni. Analizzando le abitudini alimentari dei partecipanti (sani, senza malattie croniche) e valutando eventuali altri fattori di rischio (abitudine al fumo e all’alcol, attività fisica, uso frequente di farmaci), hanno concluso che l’assunzione di acidi grassi saturi è correlata a un aumento del rischio cardiovascolare, in particolare di infarto miocardico e ischemia coronarica (occlusione o restringimento delle arterie che portano sangue al cuore).

Con che cosa vanno sostituiti
Sono stati presi in esame i quattro principali acidi grassi saturi: laurico, miristico, palmitico e stearico. Ognuno è caratterizzato da una diversa lunghezza della molecola, in base al numero di atomi di carbonio: laurico 12, miristico 14, palmitico 16 e stearico 18. Gli autori della studio hanno calcolato che riducendo dell’1% il contributo di questi acidi grassi saturi all’apporto energetico quotidiano, il rischio di malattie coronariche cala del 6-8% (in particolare per quanto riguarda laurico e stearico) e addirittura del 10-12% per l’acido palmitico. La conclusione è che i grassi saturi andrebbero il più possibile limitati e sostituiti con altri nutrienti. Già, ma quali? Anche su questo lo studio parla chiaro: i grassi saturi dovrebbero essere sostituiti da un mix di acidi grassi polinsaturi, monoinsaturi, proteine vegetali e cereali integrali. Acido palmitico & co sono più volte finiti sul banco degli imputati per i possibili danni all’apparato cardiovascolare, ma recentemente uno studio statunitense li aveva in parte assolti per mancanza di prove.

Oli di oliva e di semi, legumi, cereali
«L’aspetto interessante di questo lavoro è che viene superata la vecchia idea di sostituire i grassi saturi con un unico nutriente, per esempio i carboidrati – spiega Stefano Erzegovesi, nutrizionista e psichiatra, responsabile del Centro dei disturbi alimentari dell’Ospedale San Raffaele di Milano -. Qui viene sottolineato che è bene rimpiazzarli con tipi di alimenti diversi che agiscono di concerto nell’offrire benefici a livello cardiovascolare. Vengono quindi promossi i grassi polinsaturi (oli di semi – come sesamo, girasole, mais – e olio di oliva) e monoinsaturi (olio di oliva), le proteine vegetali (principalmente i legumi, ma anche frutta a guscio come pinoli, nocciole e mandorle) e i cereali integrali. Per capirci, se a colazione rinuncio al pane bianco imburrato, posso optare per una fetta di pane, meglio integrale, con qualche noce o un velo di crema di mandorle».

Alimentazione il più possibile varia
I quattro acidi grassi saturi analizzati nello studio sono i più diffusi e tutti sono presenti in margarina, burro, strutto, olio di palma, di cocco e di palmisti. «Che i grassi saturi facciano male, se assunti in eccesso, è ormai fuor di dubbio – prosegue Erzegovesi – e questo studio ha il pregio di aver correlato il loro consumo con un dato preciso, la mortalità per cause cardiovascolari. Detto questo, sarebbe sbagliato eliminarli completamente dalla nostra dieta e, più in generale, è sbagliato farsi venire l’ossessione per un singolo nutriente. L’indicazione è quella di limitarli, con una dieta il più possibile varia. Inoltre bisogna ricordare che il tipo di alimentazione va parametrato al tipo di vita che si fa: un bambino ha determinate esigenze, così come chi vive al freddo e chi svolge un’intensa attività fisica. I bambini piccoli bevono latte intero e mangiano parmigiano, alimenti che contengono molti grassi saturi ma che sono utilissimi nella fase di crescita. Così come gli eschimesi assumono grasso di foca per proteggersi dal freddo. Certamente una persona mediamente sedentaria che vive in un clima temperato, ovvero il tipo di soggetto analizzato nello studio, dovrebbe adottare la dieta mediterranea con pochi grassi saturi, privilegiando olio di oliva, cereali integrali e legumi».

Nessun tipo di cibo va eliminato del tutto
Ma dove sono i grassi saturi? È noto che si trovano in buona quantità nel cioccolato e in molti prodotti industriali (biscotti, merendine e altri prodotti da forno), ma ne sono ricchi anche formaggi stagionati, carni rosse, salumi e altre proteine animali. Vanno però fatti dei distinguo. «Il parmigiano ha sicuramente un buon quantitativo di grassi saturi, ma presenta anche molti benefici per la salute, in termini di calcio e fosforo, ed è meglio di una medicina per le nostre pazienti anoressiche – sottolinea Erzegovesi -. Anche la carne rossa non è tutta uguale: se mangio un animale che è vissuto, libero pascolando e mangiando erba, la composizione della sua carne sarà molto diversa da quella di un animale che è vissuto in un allevamento intensivo. È stato visto che la carne degli animali liberi al pascolo contiene, oltre ai grassi saturi, anche acidi grassi insaturi, ennesima dimostrazione che la natura è più intelligente dei calcoli umani». E i biscotti? ««Non c’è bisogno di eliminare del tutto i biscotti industriali, ma è bene alternarli con altri cibi, per esempio pane integrale e marmellata o fiocchi di cereali a colazione – continua Erzegovesi -. Nessun alimento va tolto dalla propria dieta, è sbagliato pensare che se un cibo deve essere mangiato con moderazione, tanto vale dimenticarsene. La frase va presa letteralmente: consumato con moderazione, ovvero al massimo un paio di volte a settimana». Anche perché alcuni studi indicano che gli acidi grassi saturi a catena corta (sotto i 12 atomi di carbonio) possono portare benefici alla flora intestinale.

Le differenze tra grassi monoinsaturi e polinsaturi
Anche i grassi “buoni” non sono tutti uguali. «Pur avendo tutti in comune l’effetto di favorire la sazietà e di combattere quindi il rischio di sovrappeso (così come i saturi), i grassi monoinsaturi e polinsaturi hanno caratteristiche diverse – conclude Erzegovesi -. I primi, contenuti nell’olio di oliva, sono molto stabili e mantengono le proprietà nutrizionali, i secondi (polinsaturi) tendono a essere più instabili e dunque hanno più facilità a ossidarsi, anche semplicemente durante la digestione: in questo senso sono meno salutari. L’olio di oliva, un perfetto mix di grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi, è senza dubbio il migliore».

Fonte Corriere.it a cura di Laura Cuppini

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