Con la primavera che spinge già verso l’estate Roberto Flore lo potete incontrare sui pendii che dal Montiferru degradano verso il mare di Oristano. In mezzo all’erba ancora alta e verde di una Sardegna sconosciuta ai più, questo ragazzone con la barba e un ciuffo caprino ribelle cerca fiori, bacche, essenze che poi utilizza in cucina.
Di mestiere Roberto è cuoco, chef nell’antica Dimora del Guccione, albergo diffuso nel paese di Santulussurgiu. Ma a me sembra più un folletto uscito da una favola di Tolkien, un alchimista del gusto a chilometri zero.
Perché ogni suo piatto nasce dalla fusione magica di sapori e profumi che non oltrepassano le provincie della Sardegna di mezzo. Se il Bue Rosso, ovvero la Vacca Sardo Modicana e il Casizolu ( il formaggio che si produce con il suo latte di primavera) si sono meritati la medaglia del presidio Slow Food, ogni ingrediente che entra nella cucina di Roberto Flore – verdure, olio, carne, pesce, pasta, miele, formaggi – è figlio di un territorio incontaminato e selvaggio.
Quando arrivi da queste parti i profumi di mirto, lentisco, erica e rosmarino ti inebriano, ti inseguono. Un massaggio olfattivo che riconcilia con i ritmi “umani” della vita, ai quali appartiene anche un “altro” mangiare. Quello che turisti francesi, tedeschi e scandinavi in processione cercano nel piccolo giardino della Dimora del Guccione. Ambiente sobrio. Dove non si parla ma si sussurra, come in chiesa. Ma la liturgia si scioglie al primo assaggio. Il menù è in continua evoluzione e segue le stagioni della terra. Un percorso obbligato, rispetto al quale puoi solo decidere di farti accogliere.
Nella sequenza di antipasti che ho potuto sperimentare svettano il paté di fegato di Bue Rosso con composta di fichi bianchi e il carpaccio di zucchine marinate al limone con Bottarga di Muggine. Il Mini Burgher di pecora sarda al profumo di erbe selvatiche è invece una variazione fusion all’ortodossia della semplicità.
Ma è davanti ad un piatto che vira al verde che resto di stucco: Fregula artigianale in zuppa di zucchine e menta selvatica mantecata al caglio di capretto. Roberto Flore me la presenta con la guarnizione aggiuntiva di una fetta di caglio poggiata sul bordo del piatto. Quasi si scusa per la piccola “ruvida” variazione. Ma io non l’ascolto. Alla prima cucchiaiata mi sono trasformato nel diffidente Gourmet di Ratatouille: un esplosione di gusto si trasforma in visioni! La zuppa ha un equilibrio di sapori unico, velluto che carezza il palato, qualcosa che non ti aspetti.
Una scoperta entusiasmante anche per chi ha sperimentato le cucine di mezzo mondo. Roberto Flore ha 30 anni ed è cresciuto tecnicamente alla scuola di Sergio Mei al Four Seasons di Milano. Ma sono le alture del Montiferru, dove le brezze di mare si miscelano con il vento di campagna, ad avergli innestato la passione che mette nel suo lavoro.
Francesco Fossa TGCOM
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